xdaryl® blog - ...inglese per caso...

...ingegnere per scelta (o quasi), sognatore per vocazione (?), sportivo per divertimento, inconcludente come pochi (e come non mai), incasinato come sempre, assonnato quanto basta, sorridente comunque... Don't worry, be happy!

17 dicembre, 2006

Università, ieri e oggi (e domani)

Il mondo accademico ha subito profondi cambiamenti negli ultimi anni, ma pensando a com’era alla sua nascita, ci si rende conto di quanto fosse profondamente diverso il concetto di “studi superiori”, come li chiamano qui in terra inglese.

Penso a Cambridge, ad Oxford, secoli fa, l’università non era una “scuola superiore estesa”, com’è di fatto diventata negli ultimi anni, una continuazione quasi naturale degli studi di un normale studente, ma era qualcosa di diverso, che mi piace pensare legato alla curiosità di giovani studenti che cercavano di trarre dai saggi professori ogni goccia di conoscenza ed esperienza. Tu, povero piccolo studente, raccogli gli insegnamenti, i precetti, e ne fai tesoro, nutri la tua curiosità. Certo, il mondo era diverso, ma più che alla forma stavo pensando allo spirito che guidava giovani menti alla scoperta del sapere.

Durante i corsi italiani raramente mi sono sentito così, mentre qui molte lezioni sono magari povere dal punto di vista del contenuto, ma sono ricchissime di “esperienza”. In particolare le lezioni dei due corsi tenuti dal prof. Singh: non uno a caso, il relatore della mia tesi, “project supervisor”, nonché esperto dall’esperienza pluridecennale nel campo delle turbine a gas, in ogni salsa (per avere un’idea, andate qui). Mi sento come un piccolo Semola di fronte ad un grande Merlino... Tantissima esperienza, portata nelle lezioni, nelle risposte a domande molto specifiche, risposte sempre politicamente corrette e ineccepibili, complete ma vaghe al tempo stesso (“Qual è il migliore fra questi due motori?” “Beh, il primo è di un’azienda americana, il secondo di un’azienda inglese per cui lavoro, in forte concorrenza con la prima... a voi la conclusione.”).

La mia (ormai lunga, ridendo e scherzando) formazione scolastica mi bacchetta prontamente quando lo penso, ma a questo punto i voti hanno un’importanza... relativa. Sono più interessato a raccogliere le perle di conoscenza, esperienza, a mettere a punto gli strumenti importanti (almeno lo spero) per il futuro. Le basi non devono mancare, lo studio deve essere sistematico, o il più sistematico possibile, ma non mi sento più propriamente uno studente, o almeno non mi sento più come mi sentivo al Politecnico. Il “numero” stampato sulla laurea e sulla tua schiena di studente quando finisci l’università è importante, soprattutto in termini di opportunità future, ma mi piace pensare che fra cinque, dieci, vent’anni saranno impressi nella mia mente i bei momenti, il frisbee, i nuovi amici, gli insegnanti, i contatti, le conoscenze, impressi più di questo o quel corso. Penso che mi resteranno le capacità più che il voto e le conoscenze in sé, le capacità che riuscirò a fare mie in questo lungo anno...

2 Comments:

  • At mercoledì, 20 dicembre, 2006, Anonymous Anonimo said…

    figlio mio,
    ho lasciato un ragazzino e mi ritrovo adesso un uomo con una saggezza in erba che fa ben sperare.
    con orgoglio ed anche con tanta stima e fiducia per il futuro ti abbraccio
    m

     
  • At venerdì, 12 gennaio, 2007, Blogger Unknown said…

    Anch'io condivido la tua impressione, perché in fondo in fondo è per quell'impressione che ho scelto di andare all'università, perché contavo di "dissetare" la mia conoscenza, di trovare quanto più possibile mi potesse far crescere...
    Ed è stata questa anche la causa della mia iniziale delusione, oltre a quel senso tristissimo dato dal sentirsi un numeretto insignificante e alla ulteriore tristezza di perdere nei primi tempi tutti gli amici per strada, per un motivo o per l'altro...
    Alla fin fine ho dovuto ammettere a me stesso che gli esami non li passavo se non quando arrivavo dal prof e gli sapevo dire quel che si voleva sentir dire, non quando avevo la coscienza di aver appreso.. So che sembra la stessa cosa, ma per me era ed è estremamente diverso: comprendo che destreggiarsi su quanto il prof ha a cuore può "bastare", perché immagino che mi chiedesse quegli argomenti in quanto "core" della materia... ma a me è sempre rimasta l'impressione che ci fosse qualcosa che mancava, che non dovesse andare così... e infatti gli esami li ho sempre superati solo quando li "facevo miei", quando ci trovavo io un senso, quando diventavano un pezzo che potevo collocare in ciò che sapevo, non un gomitolo di conoscenze legate al sottile filo di un semestre e ritagliate attorno a ciò che si sapeva sarebbe stato chiesto, come abili sarti..
    E dove resta la passione? Dove la conoscenza? ..intesa come un sapere unico, non settoriale e puntiforme, ma multiforme, vivo, entusiasmante perché ti permette di vedere la realtà e di capirla un po' di più, e forse ancora più affascinante perché ti fa capire quanto di essa ancora non conosci... (Socrate docet)
    Se quanto imparo non diventa parte di me, non ne vale la pena, non si può imparare "per conto terzi" :)
    Ciao Dario, keep on!

     

Posta un commento

<< Home