xdaryl® blog - ...inglese per caso...

...ingegnere per scelta (o quasi), sognatore per vocazione (?), sportivo per divertimento, inconcludente come pochi (e come non mai), incasinato come sempre, assonnato quanto basta, sorridente comunque... Don't worry, be happy!

17 dicembre, 2006

Cari lettori...

... soddisfatti? Spero di si, anche se non ho riletto quello che ho scritto: chiedo venia per errori e ripetizioni (molto probabili).
Vado a fare le valigie... ciauz!

Il problema dei numeri primi

Ci pensavo alle medie, ci penso adesso, e mi accorgo che ci penso in modo totalmente diverso, quasi se la forma del mio ragionamento, del mio “cervello” si fosse modificata.

Andiamo con ordine: il problema dei numeri è uno dei sette grandi problemi matematici irrisolti all’alba del terzo millennio (scusate il tono, ma sto leggendo un interessante libro a proposito, e l’autore scrive in questo modo, un po’ romanzato). Senza entrare nei dettagli, il problema è scoprire se esista una legge che governa la distribuzione dei numeri primi, quelli divisibili solo per 1 e per se stessi (quasi stessi parlando di persone...).

Forse è vero che mano a mano che si procede nello studio, mano a mano che si aggiungono punti di riferimento al proprio sapere, il tuo modo di pensare diventa meno “libero”, o in ogni caso cambia. Come i muscoli, il movimento, se non educati non funzionano, ma se educati funzionano per quello per cui sono stati educati: avete mai visto un calciatore giocare a pallacanestro o viceversa? Movimenti diversi, buoni giocatori in uno sport sembrano goffi ed impacciati in un altro.

Qualcuno disse che più cose sai, più difficile diventa usare il buonsenso, qualche altro disse che gli ci sono voluti cinque anni per saper dipingere come Raffaello, ma tutta la vita per riuscire a disegnare come un bambino... Forse è vero che quello che fai con la tua mente ne condiziona la forma, come funziona, anche se in fondo stiamo parlando dei due opposti modi di pensare: l’ingegnere, pensiero che converge verso un numero, verso la soluzione; e l’artista, pensiero divergente, da poche idee si possono creare mondi nuovi.

Ci pensavo mentre visitavo la Tate Modern Gallery di Londra, ogni tanto devo ricordarmi di nutrire il mio lato “divergente”. Ho deciso di comprare un libro sui colori: ne ho così tanti sull’ingegneria, perché non cambiare genere per una volta? Lì dentro mi sono sentito come si può sentire un pittore di fronte al motore di un aereo: lo guarda, lo ammira, ma non riesce a coglierne i particolari, le parti, le funzioni, come veramente funziona, vede una massa quasi indistinta di metallo grigio. Non è abituato, in un certo senso non è educato ad apprezzare quell’oggetto: non ignorante ma non allenato, non formato in quella direzione. Ecco come mi sono sentito di fronte a quadri, sculture, alle “Forme uniche della continuità nello spazio”, al solito taglio di Fontana, alla cacca in lattina, alle sculture, mi sentivo come un bambino di fronte ad una portaerei, una cosa grande che sei troppo piccolo per capire.

Stagioni, passate e presenti

Un giorno di novembre, tra una lezione e l’altra, può capitare di avere un’ora buca inaspettata. Ricordo un’occasione particolare, mi ero ripromesso di farne qualcosa di quell'ora buca, di farla fruttare, ricordando un proverbio che un annetto fa mi aveva particolarmente colpito: probabilmente l’ho inconsciamente modificato, ma recita più o meno così

“Quando il sole tramonta, ripensa alla tua giornata: non guardare a quello che hai raccolto, guarda a quello che hai seminato. Se hai seminato, è stata una buona giornata.”

Volevo sistemare il curriculum, ed invece sono finito a chiacchierare (magie di msn e della comunicazione telematica) con un amico di Torino, e a scambiarci opinioni sulla non rosea situazione della nostra squadra di pallacanestro: chiacchierata intensa, nonostante non fosse dal vivo ma scritta, fatto che di solito uccide la vivacità della conversazione. Un’ora “persa”, ma un’ora utilizzata bene, nonostante l’abbia utilizzata per qualcosa di diverso dallo studio. Ho portato via tempo allo studio, ma almeno ho fatto qualcosa, seppur lontano dai buoni propositi

Mentre parlavamo, o meglio mentre ci scrivevamo, mentre “chattavamo”, mi chiedevo cosa mi passava per la mente un anno fa, quando avrei dovuto lavorare intensamente per la tesi, ed invece molte giornate scivolavano pigre, anonime e svogliate, con poco studio e tanto tempo letteralmente buttato, non utilizzato per qualcos’altro, solo sprecato in televisione e computer. A suo tempo mi giustificavo, ma non ci sono scuse, ho perso del gran tempo. E gli effetti (laurea posticipata, esami ritardati) sono stati molto spiacevoli. Ma è passato, si impara sempre qualcosa dagli errori. Non posso dire le consumate frasi da telefilm “non è stato un bel periodo”, “non stavo bene con me stesso” o altre put***ate simili, perché stavo bene, a parte qualche fastidio residuo al ginocchio, non c’era nessuna condizione particolare che mi impedisse di studiare, o come dico adesso, di “lavorare” sulla tesi... Eppure era così difficile, non so spiegare bene perché.

Come ci sono stagioni, autunno, inverno, primavera ed estate, così l’anno scorso ho vissuto una stagione strana, l’autunno e l’inverno dell’anno scorso. Una stagione anomala. Forse perché non potevo giocare e correre senza smettere di pensare al ginocchio... ma la scusa non tiene, troppo poco per spiegare un lungo periodo di pigrizia. Poi quel periodo è passato, è arrivata la primavera, ho cercato di vivere tutte le opportunità di uscire, di andare, di girare, weekend in montagna, in Liguria, in Francia, poi gli esami, i mondiali, l’estate (intensissima), gli esami di settembre... tutto è stato “positivo”.

Cranfield? Beh, per ora tutto bene, vedremo a gennaio...

Università, ieri e oggi (e domani)

Il mondo accademico ha subito profondi cambiamenti negli ultimi anni, ma pensando a com’era alla sua nascita, ci si rende conto di quanto fosse profondamente diverso il concetto di “studi superiori”, come li chiamano qui in terra inglese.

Penso a Cambridge, ad Oxford, secoli fa, l’università non era una “scuola superiore estesa”, com’è di fatto diventata negli ultimi anni, una continuazione quasi naturale degli studi di un normale studente, ma era qualcosa di diverso, che mi piace pensare legato alla curiosità di giovani studenti che cercavano di trarre dai saggi professori ogni goccia di conoscenza ed esperienza. Tu, povero piccolo studente, raccogli gli insegnamenti, i precetti, e ne fai tesoro, nutri la tua curiosità. Certo, il mondo era diverso, ma più che alla forma stavo pensando allo spirito che guidava giovani menti alla scoperta del sapere.

Durante i corsi italiani raramente mi sono sentito così, mentre qui molte lezioni sono magari povere dal punto di vista del contenuto, ma sono ricchissime di “esperienza”. In particolare le lezioni dei due corsi tenuti dal prof. Singh: non uno a caso, il relatore della mia tesi, “project supervisor”, nonché esperto dall’esperienza pluridecennale nel campo delle turbine a gas, in ogni salsa (per avere un’idea, andate qui). Mi sento come un piccolo Semola di fronte ad un grande Merlino... Tantissima esperienza, portata nelle lezioni, nelle risposte a domande molto specifiche, risposte sempre politicamente corrette e ineccepibili, complete ma vaghe al tempo stesso (“Qual è il migliore fra questi due motori?” “Beh, il primo è di un’azienda americana, il secondo di un’azienda inglese per cui lavoro, in forte concorrenza con la prima... a voi la conclusione.”).

La mia (ormai lunga, ridendo e scherzando) formazione scolastica mi bacchetta prontamente quando lo penso, ma a questo punto i voti hanno un’importanza... relativa. Sono più interessato a raccogliere le perle di conoscenza, esperienza, a mettere a punto gli strumenti importanti (almeno lo spero) per il futuro. Le basi non devono mancare, lo studio deve essere sistematico, o il più sistematico possibile, ma non mi sento più propriamente uno studente, o almeno non mi sento più come mi sentivo al Politecnico. Il “numero” stampato sulla laurea e sulla tua schiena di studente quando finisci l’università è importante, soprattutto in termini di opportunità future, ma mi piace pensare che fra cinque, dieci, vent’anni saranno impressi nella mia mente i bei momenti, il frisbee, i nuovi amici, gli insegnanti, i contatti, le conoscenze, impressi più di questo o quel corso. Penso che mi resteranno le capacità più che il voto e le conoscenze in sé, le capacità che riuscirò a fare mie in questo lungo anno...

Rieccomi, dopo tanto tempo!

Ciao a tutti,
non ci si sente da un po'... Soliti motivi: le lezioni mi hanno impegnato parecchio, poi i lavori da consegnare, il basket, il frisbee, sempre in giro, poco tempo per il blog. Tutto bene, per fortuna, tante cose da fare in poco tempo, ma l'atmosfera è sempre positiva (ieri sera fonduta con i francesi...).
Anche se non ho più scritto qui, ho continuato a raccogliere pensieri, il primo esperimento ha raccolto risultati inaspettati, per cui ci riprovo, non si sa mai.
Durante le lezioni più noiose, ogni tanto mi capitava di alzare lo sguardo dagli appunti e di guardarmi in giro, osservare le facce dei miei compagni di corso, del professore di turno. Questo ha due effetti sulla mia attenzione: la distoglie dalla lezione, dal susseguirsi di equazioni e concetti, e mi porta a pensare alle cose più disparate. Ogni tanto mi scrivo quello a cui sto pensando, e visto che questo blog è pensato per condividere pensieri, cercherò di organizzare i pensieri (solitamente confusi) e di metterli giù in un italiano potabile, operazione più difficile di quanto sembri.
Qui di seguito vi metto i tre "pensieri"... spero siano di vostro gradimento, per qualsiasi insulto c'è lo spazio dei commenti :-)
Che altro dire... domani pomeriggio sarò in Italia! YAHOO!!!
Buone vacanze a tutti (anche se conto di farvi gli auguri di persona...),

Dario